Un giovane che ottiene oggi il tanto ambito posto fisso ha molti motivi per cui festeggiare. Inizierà col pensare a come realizzare i propri sogni (casa, matrimonio, viaggi, figli) mentre la prospettiva della futura pensione non sarà certo una delle sue priorità. Difficile stare dietro alle previsioni che spostano sempre più in là il momento della pensione (per chi entra oggi nel mondo del lavoro se ne parla dopo il 2060, secondo le stime della Covip) o al fatto che ammonterà a circa la metà dell’ultimo stipendio. È qui che devono entrare in scena i genitori, ricordando che il futuro va costruito giorno per giorno e per aiutare i figli a districarsi tra le tante proposte di prodotti finanziari.
Le forme di previdenza complementare: quale scegliere?
Per mantenere anche negli anni del riposo un reddito adeguato è evidente quanto sia importante aderire a una forma di previdenza complementare. Facciamo allora un po’ di chiarezza sulle opzioni per un lavoratore dipendente. Nella prossima newsletter approfondiremo le opportunità pensionistiche per chi fa lavori “intermittenti”.
- I fondi pensione negoziali (o chiusi): sono istituiti dai rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro nell’ambito della contrattazione nazionale, di settore o aziendale. Vi si può aderire solo in forma collettiva versando il contributo previsto dal proprio contratto. In questo caso il datore di lavoro ha l’obbligo di versare anche il suo contributo al fondo negoziale al quale il lavoratore ha aderito.
- Un’altra opzione per il lavoratore dipendente è rappresentata dai fondi pensione aperti: creati e gestiti da banche, società di gestione del risparmio, società di intermediazione mobiliare e imprese assicurative. L’adesione è consentita oltre che su base individuale anche su base collettiva.
- In ultimo, i Piani Individuali Pensionistici: sono forme pensionistiche complementari individuali realizzate attraverso contratti di assicurazione sulla vita finalizzati alla creazione di una pensione complementare. L’adesione al PIP avviene solo su base individuale.
Il dipendente privato può aderire al fondo pensione aperto anche su base collettiva, qualora tale tipo di adesione sia prevista dai contratti di lavoro, dagli accordi collettivi o dai regolamenti aziendali; i dipendenti pubblici, invece, possono aderire a un fondo aperto o a un PIP solo su base individuale e possono versare solo il contributo individuale, ma non il flusso di TFR.
Come funziona un fondo pensione chiuso
La contribuzione a un Fondo pensione chiuso è costituita da tre elementi:
- Il contributo del lavoratore, il cui importo minimo è stabilito dagli accordi collettivi vigenti, ma che può essere incrementato per aumentare la pensione futura;
- La quota di TFR nel caso si sia deciso di destinarla a un fondo pensionistico complementare;
- Il contributo del datore di lavoro.
La futura pensione sarà calcolata sulla base del montante costituito dai versamenti dei contributi sopra citati e dai rendimenti degli stessi maturati nel tempo e conseguiti tramite il loro investimento in strumenti finanziari.
Come funziona un fondo pensione aperto
Il lavoratore dipendente che aderisce a un fondo pensione aperto su base individuale può scegliere l’importo e la periodicità dei versamenti, per esempio decidendo di versare solo il TFR. Se aderisce invece su base collettiva, l’importo minimo della contribuzione è stabilito dagli accordi o dai contratti collettivi ed è prevista la possibilità di versare di più. Chi versa il proprio contributo ottiene anche quello del datore di lavoro. Il contributo versato dal datore di lavoro è un elemento da valutare con attenzione: a parità di condizioni – secondo stime della Covip – consente di ottenere una pensione complementare più alta anche del 17%.
Per una proiezione della futura pensione per noi o per i nostri figli, Unipolsai mette a disposizione Pensione On Line Su Misura, uno strumento pensato appositamente per aiutare a individuare il prodotto previdenziale più adatto e fornire un’indicazione dell’evoluzione nel tempo del piano pensionistico.
Il TFR come fonte di finanziamento
Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) rappresenta una significativa fonte di finanziamento della previdenza complementare: per questo è importante decidere consapevolmente a riguardo. Un dipendente privato, entro 6 mesi dall’assunzione, deve scegliere se destinarlo alla previdenza complementare o lasciarlo in azienda. Se la scelta non viene effettuata esplicitamente, il datore di lavoro trasferisce il TFR nella forma pensionistica collettiva prevista dagli accordi o dai contratti collettivi o, in caso di più forme pensionistiche, in quella cui ha aderito il maggior numero di dipendenti.
Vantaggi fiscali e sostegno nei momenti critici
Non vanno dimenticati gli immediati vantaggi fiscali: aderire a un fondo pensione comporta infatti la possibilità di dedurre fino a € 5.164,57 all’anno durante la fase di contribuzione. E i rendimenti sono tassati al 20%.
Al momento della pensione, le prestazioni erogate saranno tassate con un’aliquota del 15%, ridotta di una quota pari allo 0,30% per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari; in questo modo l’aliquota può essere ridotta fino a un minimo del 9%.
La previdenza complementare rappresenta poi un “paracadute” in caso di necessità. Per spese sanitarie, del lavoratore, del congiunto o dei figli, si può ottenere un anticipo della prestazione fino al 75% del montante accumulato.
Trascorsi 8 anni dall’iscrizione alla forma di previdenza complementare, è possibile richiedere un’anticipazione per un importo non superiore al 75% della posizione individuale maturata per l’acquisto della prima casa di abitazione per sé e per i figli o per la ristrutturazione della stessa: una casa tutta per sé diventa un sogno più concreto.
È prevista infine la possibilità di riscatto prima della maturazione dei requisiti pensionistici: nei casi più gravi sarà possibile riscattare totalmente l’intera posizione individuale accumulata – per esempio per cessazione dell’attività lavorativa che determini inoccupazione per un periodo superiore a 4 anni e invalidità permanente che comporti la riduzione della capacità di lavoro a meno di un terzo – sarà, invece, possibile riscattare fino al 50% di quanto accumulato, nel caso di inoccupazione compresa tra 12 e 48 mesi, ovvero in caso di ricorso da parte del datore di lavoro a procedure di mobilità e cassa integrazione ordinaria o straordinaria.
Gli strumenti per costruire giorno dopo giorno una stabilità economica che non diminuisce nel tempo ci sono: pensiamoci sin da ora indirizzando i nostri giovani affinché possano affrontare serenamente ogni fase della propria vita.
Proteggere la casa anche se il condominio è assicurato
/in NewsFonte Doxa: per il 74% degli italiani la casa è il bene più prezioso, un valore affettivo oltre che economico da proteggere per la vita. Tuttavia, eventi naturali, furti o guasti possono metterla a rischio, alterando risparmi e serenità familiari, a venire in aiuto sono i prodotti assicurativi (sia sulla casa che sul condominio) che oggi permettono di acquistare garanzie personalizzate. Come stipulare una solida assicurazione sull’abitazione privata e come si può integrare con quelle del condominio?
La casa protetta a 360°
Se si abita in un condominio allora quasi certamente si possiede già una polizza che assicura il fabbricato, tuttavia non tutti sanno che l’assicurazione sulla casa diventa un ulteriore punto di forza se integrata a quella condominiale. Non è raro purtroppo che si verifichino situazioni imprevedibili che danneggiano la nostra casa, che possono provocare spese impreviste. Se il danno poi si è originato all’interno delle mura private e si è propagato ai vicini di casa, non solo si rischia un esborso in denaro per la riparazione o la ricostruzione del nostro bene danneggiato, ma anche una possibile controversia e la necessità di rifondere tutti i danni a terzi danneggiati (che talvolta per limitazioni contrattuali possono non essere garantiti in toto sulla polizza condominiale). Per fare un esempio concreto, se avviene la rottura accidentale dell’impianto idrico del condominio, situato cioè negli spazi comuni, e l’acqua fuoriuscita danneggia i muri di casa nostra e i beni contenuti in essa, l’indennizzo per i danni ai muri verrà sostenuto dalla polizza condominiale, mentre a risarcire i danni al contenuto (beni mobili) ci penserà la polizza che abbiamo stipulato privatamente, ovvero la polizza casa. Anche il caso speculare è garantito dalla medesima copertura: se è stato l’impianto idrico all’interno delle mura private (che sia igienico, di riscaldamento o di condizionamento) ad aver danneggiato il fabbricato o la proprietà dei vicini di casa, la polizza privata diventa ancora più preziosa se non fondamentale per ricercare l’origine del guasto senza esborsi.
Coperture private e pertinenze condominiali
Mettere mano al portafoglio per correre ai ripari quando il danneggiamento c’è già stato non è mai piacevole, almeno quanto dover far lo sforzo di immaginare che un evento ci possa danneggiare da vicino. Non conosciamo il futuro è vero, ma agire preventivamente è ormai prassi consolidata su più fronti, basti pensare alla prevenzione sulla salute. Un’altra prestazione basilare che offre la polizza casa è la responsabilità civile per i danni causati a terzi nei casi di incendio, fumo, esplosione e scoppio.
Diversamente da ciò che si pensa non è affatto detto che tutto dipenda da noi, a volte è nella natura degli impianti o degli elettrodomestici entrare in stallo, anche le banali interruzioni di corrente possono mandare in tilt un circuito elettrico o a gas, scatenando le conseguenze più inaspettate. È doveroso anche per il locatario, al quale abbiamo affittato l’appartamento, stipulare una polizza sulla casa poiché è sua responsabilità come gestore del bene garantirne la custodia. Per quanto siano esempi classici, vanno ricordati i disagi e i danni che posso provocare le fioriere, le parabole fissate in terrazza. Anche la polizza condominiale ha la sua copertura assicurativa per la responsabilità civile relativa ai fenomeni potenzialmente dannosi che hanno origine negli spazi condominiali, basti pensare ai locali caldaia o al distaccamento di cornicioni o parti del tetto, alle antenne centralizzate e alle unità esterne dei condizionatori.
La serenità è anche questione di lungimiranza
Un danno in casa per quanto possa essere piccolo può risultare estremamente fastidioso o persino letale. Pensiamo ai danni che può provocare un’interruzione di corrente prolungata ad esempio, o quelli ancora più pericolosi che può provocare l’emissione di monossido, per sua stessa natura inodore e quindi impercettibile dall’olfatto umano.
È anche questo il vantaggio di un’assicurazione sulla casa di nuova generazione, che dà la possibilità di affidarsi a centraline elettroniche che inviano segnali d’allarme in caso di anomalie come quelle che abbiamo citato, i cui sensori sono connessi in diretta con il nostro smartphone in modo da poter avere sempre tutto sotto controllo, anche quando si è fuori casa.
E qualora il bene è danneggiato? Possiamo ancora una volta evitare di mettere le mani al portafoglio, perché per alcune tipologie di garanzie è possibile scegliere di avvalersi della “Riparazione diretta” grazie alla quale si ha la possibilità, al momento del sinistro, di usufruire dell’intervento di una rete di artigiani, i quali procederanno direttamente alla riparazione del danno senza alcun esborso e senza l’applicazione di franchigie e scoperti se previsti; e se la scelta viene effettuata già al momento della stipula della polizza si può beneficiare anche di uno sconto.
Proteggere al meglio la nostra casa è possibile, con una corretta valutazione dei rischi e la combinazione più adatta di garanzie assicurative, da quelle per l’abitazione privata a quelle del condominio, mettendo l’immobile su cui abbiamo investito parte dei nostri risparmi al riparo dagli imprevisti quotidiani o da eventi straordinari.
Praticare sport invernali evitando gli infortuni più comuni
/in NewsTemperature sotto zero e piste innevate. Il “sistema neve” in Italia cresce. Già nel 2018, gli sportivi della neve hanno superato i 4 milioni: grazie a loro la montagna ha prodotto un fatturato superiore agli 11 miliardi di euro. Buone notizie per l’economia del Belpaese e grande soddisfazione per gli appassionati. Sempre che, all’appuntamento si arrivi preparati. Insieme all’incremento delle presenze nelle località sciistiche, si registra infatti anche un aumento degli infortuni legati a queste attività.
Affrontare le prime discese sulla neve
I maestri lo ripetono in ogni occasione: prima di affrontare le piste l’ideale sarebbe cominciare con un mese di preparazione atletica alle spalle, a tal fine esistono corsi specifici di ginnastica presciistica. In ogni caso prima di indossare ogni tipo di attrezzatura bisogna dedicare almeno 10 o 15 minuti a semplici esercizi per preparare i muscoli allo sforzo richiesto.
Per chi è alle prime armi il consiglio è quello di non avventurarsi senza aver frequentato un corso base.
L’importanza del riscaldamento
Il riscaldamento è tra i migliori alleati per evitare incidenti perché aumenta la flessibilità dei muscoli e la loro elasticità grazie all’incremento del flusso sanguigno. I muscoli freddi sono più rigidi e quindi più esposti a lesioni e danni. Anche chi pratica sport all’aria aperta, come corsa o bicicletta in ogni stagione dell’anno, non deve mai dimenticare qualche esercizio di riscaldamento prima di cominciare, a maggior ragione se le temperature sono rigide. Nonostante gli infortuni muscolari siano meno frequenti e gravi di quelli articolari, un po’ di stretching aiuta i muscoli ad allungarsi quando necessario senza sottoporli al rischio di stiramento o, peggio, di strappo.
Abbigliamento adeguato
Un ambiente particolare come quello innevato può riservare pericoli e sorprese e giocare molti brutti scherzi. Per non trovarsi impreparati sulla neve e godersi al meglio la giornata è essenziale scegliere un ottimo abbigliamento che garantisca calore, praticità e comfort.
La tenuta da sci ideale deve alcune caratteristiche fondamentali, vediamo quali:
Nell’acquistare gli scarponi bisogna optare per una calzatura adatta alla conformazione del piede, una delle parti più delicate del corpo. Non si deve guardare solo alla lunghezza, ma anche al volume e alla forma dello scarpone che deve “contenere” il piede senza comprimerlo troppo.
Scegliere lo sci giusto è fondamentale per divertirsi e ottenere il massimo rendimento nella sciata. Bisogna conoscere il proprio livello di abilità nella pratica sportiva (principiante, intermedio, esperto), e tener conto della frequenza con la quale si scia, del tipo di discesa che si intende affrontare e delle proprie caratteristiche fisiche. Attenzione però a non bruciare le tappe: gli sci di oggi sono molto più performanti rispetto a quelli del passato. Con il modello adeguato alle proprie capacità si riesce a sciare in sicurezza e a migliorare gradualmente fino a maturare la giusta esperienza per affrontare anche le discese più complesse.
Il casco è obbligatorio fino a 14 anni, ma noi lo consigliamo vivamente agli sciatori di ogni età. Deve essere omologato, avere un’ottima e comoda calzata, essere leggero e lasciare traspirare la cute. Non dimentichiamo che dopo una caduta il casco va sempre sostituito. In commercio poi esistono protezioni di ogni genere (ginocchiere, gomitiere, parastinchi, protezioni per schiena e coccige, ecc…), utilissime per la prevenzione di molti infortuni a patto che non limitino troppo i movimenti. Se impediscono la fluidità di azione, si rischia di adottare una postura troppo rigida e quindi scorretta.
Ogni sport ha i suoi imprevisti
Le nostre montagne offrono tante occasioni di divertimento ma talvolta sono motivo di incidenti e causa di lesioni a ginocchia e spalle.
Gli infortuni riguardano per il 60% dei casi gli arti inferiori e per il 20% quelli superiori, i traumi al ginocchio sono i più comuni tra gli sciatori, mentre i traumi a polsi, gomiti e spalle riguardano principalmente chi sceglie lo snowboard.
Anche la frattura del piatto tibiale è uno degli infortuni più invalidanti e ostici che possano capitare, i cui tempi di guarigione si aggirano intorno ai 90 giorni.
Serve davvero un pizzico di buona volontà e un comportamento consapevole per evitare quegli spiacevoli infortuni che oltre al dolore e ai disagi, ci impedirebbero di svolgere le nostre attività preferite. E’ sempre meglio stipulare una polizza adeguata che ci tuteli 365 giorni l’anno in ogni occasione, anche nel tempo libero.
RENDITA ANTICIPATA: COME ANDARE IN PENSIONE PRIMA DEL TEMPO
/in NewsCos’è la Rendita Integrativa Temporanea Anticipata, come funziona e quali sono i requisiti per andare in pensione prima del previsto, alla luce delle ultime novità legislative.
La R.I.T.A. – Rendita Integrativa Temporanea Anticipata – è una delle aree interessate dal Ddl Concorrenza recepita in pieno dalla Legge di Bilancio 2018. Ecco una guida pratica e veloce con tutto quello che occorre sapere per accedere a questo nuovo strumento.
R.I.T.A. un aiuto concreto in un mondo del lavoro sempre più flessibile
Oggi la flessibilità del mercato del lavoro riguarda non solo i giovani in cerca di occupazione, ma anche i lavoratori adulti che rischiano di ritrovarsi
disoccupati e senza ancora aver maturato i requisiti per ricevere la pensione. In questo scenario e in un momento storico in cui il tema delle pensioni è centrale, la Legge di Bilancio 2018 ha favorito la semplificazione della R.I.T.A, uno strumento di flessibilità in uscita che consente di conseguire una rendita integrativa in caso di perdita del posto di lavoro e fino al conseguimento dell’età pensionabile.
Cos’è la R.I.T.A. e quali sono i requisiti per accedervi
La R.I.T.A. è dunque un reddito ponte percepito in attesa di ricevere la pensione di anzianità: in pratica, con cadenza mensile o trimestrale in base a quanto stabilito, il lavoratore incassa un anticipo del capitale – o di parte di esso – accumulato negli anni precedenti con la previdenza complementare
(ad esempio con il Fondo pensione aperto o PIP).
Per accedere alla R.I.T.A., i requisiti che i lavoratori dipendenti pubblici o privati devono possedere sono:
aver cessato l’attività lavorativa;
avere almeno 20 anni di contributi versati alla forma di previdenza obbligatoria;
avere maturato almeno 5 anni di versamenti ad una forma di previdenza complementare;
essere anagraficamente a meno di 5 anni dal raggiungimento della soglia di pensionamento d’anzianità, oppure;
essere disoccupati da almeno 24 mesi. In questo secondo caso si può ricorrere alla R.I.T.A. già a 10 anni dal pensionamento.
Richiedere la Rendita Integrativa Temporanea Integrata è semplice.
È sufficiente sottoscrivere il modulo di richiesta appositamente realizzato e disponibile sul sito del Fondo Aperto o del PIP e allegare alla domanda la copia del documento di identità e del codice fiscale oltre alla documentazione indicata nel modulo stesso a seconda del caso a cui appartiene il lavoratore.
Le differenze tra R.I.T.A. e Anticipo Pensionistico (APE)
Se con R.I.T.A. il lavoratore ottiene semplicemente un anticipo di pensione ricorrendo alla propria posizione individuale maturata o a parte di essa senza quindi dover restituire nulla, con l’APE (ovvero Anticipo pensionistico) volontaria il lavoratore ottiene un anticipo della pensione futura grazie a un vero e proprio prestito erogato da un istituto bancario (seppur attraverso l’INPS ) e garantito dalla stessa pensione di vecchiaia.
In questo caso la restituzione del prestito inizierà dopo l’effettivo pensionamento con rate mensili che saranno decurtate dall’assegno pensionistico
direttamente dall’INPS per i successivi venti anni.
Le agevolazioni fiscali della R.I.T.A.
La R.I.T.A. beneficia anche di un regime di tassazione agevolato: alle rate della Rendita Temporanea si applica una ritenuta a titolo di imposta con aliquota del 15%, che diminuisce dello 0,30% per ogni anno di partecipazione alla forma pensionistica complementare eccedente il quindicesimo, con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali.
La R.I.T.A. costituisce insomma un significativo sostegno al reddito in attesa della pensione e vi possono accedere i lavoratori che abbiano aderito a fondi pensione o PIP.
Aderire a una forma di previdenza complementare può rappresentare dunque uno strumento utile per gestire senza troppe preoccupazioni il passaggio alla pensione di vecchiaia, valorizzando a tal fine le contribuzioni versate negli anni dal lavoratore.
COME PREPARARE L’AUTO PER L’AUTUNNO, STAGIONE DI NEBBIA E PIOGGE
/in NewsL‘autunno arriva inevitabilmente, prepariamoci per tempo a godere di viaggi e spostamenti anche al variare delle condizioni climatiche. I migliori consigli per viaggiare sicuri ed essere pronti ad affrontare in macchina i mesi che portano le prime nebbie e i primi freddi.
In autunno è piacevole viaggiare, i panorami sono bellissimi, mentre il traffico e il caldo non sono più un problema. È necessario, però, prendere le dovute precauzioni e non sottovalutare le insidie che possono arrivare dal minor numero di ore di luce, dall’umidità e dalla nebbia che si comincia a presentare in alcune zone d’Italia. Certo, si tratta sempre di eventi che possono essere facilmente previsti, proprio per questo è bene non farsi cogliere impreparati per pigrizia.
Meglio seguire i suggerimenti dei nostri esperti.
Pneumatici: fai manutenzione per evitare l’aquaplaning
Se i battistrada delle gomme sono usurati non è il caso di rimandare la sostituzione, anche se a novembre è già previsto l’appuntamento con il gommista per montare gli pneumatici invernali. Un battistrada consumato oltre i limiti di legge (per il Codice della Strada la profondità non può
essere inferiore a 1,6 millimetri) non è compatibile con l’asfalto bagnato, perché gli spazi di frenata si allungano e la tenuta in curva non è assolutamente garantita. Poche gocce di pioggia possono pregiudicare la sicurezza anche in ambito urbano, dove si circola a bassa velocità, ma
i pericoli maggiori si verificano in occasione di precipitazioni intense e violente, sempre più frequenti anche alle nostre latitudini. In questo
caso il rischio da scongiurare è quello dell’aquaplaning, un fenomeno che determina la parziale o totale perdita di contatto tra pneumatici e asfalto
quando si transita su un tratto di strada allagato. Basta una pozzanghera profonda pochi millimetri per trovarsi in situazioni critiche anche se l’auto
è equipaggiata con i più sofisticati sistemi elettronici di controllo della stabilità. È in primo luogo la velocità a generare questo fenomeno, quando
si viaggia ad andature superiori ai 90 chilometri orari. Un ruolo importante è svolto anche dalle dimensioni delle gomme (più sono larghe maggiore
è il pericolo) e soprattutto dalle condizioni del battistrada che se non è sufficientemente profondo non riesce a espellere l’acqua dall’impronta,
tendendo a galleggiare. In caso di acquazzoni violenti bisogna evitare di viaggiare a velocità sostenute soprattutto sui lati della strada dove le pendenze possono favorire la formazione di pozzanghere, non sempre visibili in tempo per rallentare. Una velocità adeguata sotto la soglia dei 100 km/h è quindi sempre consigliata in caso di pioggia.
La visibilità è importante: controlla tergicristalli e le luci Le poche ore di luce, pioggia e nebbia contribuiscono a rendere più complessa la visibilità attraverso il parabrezza e gli altri cristalli. Un ruolo fondamentale è svolto dalle spazzole tergicristalli, la cui manutenzione è spesso trascurata.
Se il parabrezza presenta aree non pulite può significare che le spazzole vanno cambiate. È importante scegliere quelle con le misure corrette,
evitando se possibile i prodotti troppo economici che non utilizzano gomme di qualità. Ma non sempre questo risolve il problema: se tutto è stato montato correttamente e si notano ancora superfici irregolarmente pulite bisogna provvedere a ripristinare la corretta piega dei bracci collegati ai motori, che possono essersi deformati perdendo la capacità di premere in modo adeguato.
La visibilità dipende anche da una buona pulizia interna dei vetri che deve essere effettuata con detergenti e completata con prodotti antiappannanti,
utili ed efficaci.
Un’ultima attenzione va riservata all’impianto di illuminazione. Devono funzionare tutte le lampadine, comprese quelle che illuminano la targa
e le superfici devono essere pulite e non opacizzate. In quest’ultimo caso, un carrozziere può risolvere l’inconveniente.
Nelle zone più nebbiose è utile equipaggiare l’auto con fari antinebbia, da usare in alternativa alle luci anabbaglianti. Rispetto all’utilizzo degli
antinebbia, in particolare quelli posteriori, va ricordato che usarli quando la visibilità è ottimale può creare un forte disturbo a chi ci sta dietro.
Guida assistita per maggiore sicurezza in situazioni ostili o di emergenza
Negli ultimi anni si sono diffusi vari dispositivi di controllo elettronici che contribuiscono a rendere più sicura la guida in caso di violenti temporali o di nebbia. Uno di questi è il cruise control adattivo che, oltre a mantenere la velocità impostata, rallenta e seleziona un’andatura che assicura una distanza di sicurezza dal veicolo che ci precede.
C’è poi il lane assist, che permette al veicolo di seguire le linee di mezzeria anche con scarsa visibilità, evitando di invadere altre corsie. Alcuni modelli
più evoluti sono equipaggiati anche con sistemi di visione notturna ai raggi infrarossi, per individuare pedoni e ciclisti nella nebbia, ma risultano utili
anche i più diffusi dispositivi ABS e il controllo di stabilità.
Tuttavia, non bisogna dimenticare che le dotazioni hi-tech aiutano ma non possono fare miracoli contro le leggi della fisica o gli pneumatici usurati.
Quindi, pur se dotati della migliore strumentazione elettronica, guidiamo sempre con prudenza e in caso di situazioni meteo avverse ricordiamoci
di ridurre la velocità e di aumentare la distanza di sicurezza dal veicolo che ci precede. Il vento forte accompagna spesso i temporali autunnali e risulta
più insidioso quando è a raffiche e non teso soprattutto se colpisce il veicolo lateralmente o in diagonale. In queste situazioni è difficile mantenere la
traiettoria impostata, e le improvvise variazioni sono spesso difficili da gestire.
Anche in questo caso il rimedio più efficace consiste nel ridurre la velocità ed è fondamentale osservare con attenzione la strada davanti a noi per
prepararci ad affrontare le raffiche .
Massima prudenza quando si affrontano ponti o cavalcavia, oppure in uscita dalle gallerie o centri abitati, ma anche quando si termina un sorpasso di un autotreno: l’auto può essere investita violentemente dall’aria. È importante tenere il volante con due mani ed essere pronti a compensare con lo sterzo l’azione del vento, senza spingere in modo eccessivo, per evitare improvvisi cambi di direzione se la spinta cala improvvisamente.
App UnipolSai: un valido aiuto nel monitoraggio delle condizioni meteo Nell’era della connessione totale, smartphone e app dedicate contribuiscono
ad affrontare in modo più adeguato una trasferta in condizioni meteo avverse.
Come la App di UnipolSai che prevede varie funzioni. Si scarica gratuitamente dalle piattaforme Android e Apple, si integra con i servizi telematici acquistati con la polizza, ti permette di ottenere assistenza in caso di emergenza, e dispone di un Alert Meteo. Possiamo individuare fino a cinque località su cui ricevere notifiche per essere avvertiti per tempo in caso di fenomeni atmosferici particolarmente intensi. Se si risiede a Milano, ad esempio, si imposterà sicuramente il capoluogo lombardo; se il giorno successivo si ha in programma di viaggiare a Trento, è possibile inserire anche questa località per essere avvisati in caso di maltempo. Una funzione particolarmente utile che ci permette di essere sempre informati in caso di maltempo in tutte le zone di nostro interesse e di proteggere noi e il nostro veicolo.
Trovarsi preparati in ogni situazione è il modo migliore per evitare di mettere a rischio la nostra sicurezza e il nostro mezzo. Ecco perché è bene scegliere una polizza con ampie coperture e garanzie per guidare senza pensieri, perché “con la mente libera ogni strada diventa più semplice”.
PRONTO SOCCORSO VETERINARIO: COME RICONOSCERE I SINTOMI DI MALESSERE NEGLI ANIMALI
/in News, Senza categoriaPer gestire tempestivamente le emergenze degli animali domestici esistono strutture preposte che forniscono servizi di
prima assistenza in caso di incidenti o improvvisi malori ed effettuano interventi e ricoveri nelle situazioni più a rischio.
Ecco cosa è opportuno sapere per tutelare al meglio la salute dei nostri cani e dei nostri gatti.
Si sa, loro non parlano e si lamentano solo se il dolore diventa acuto o davvero insopportabile. Per il resto non fanno capricci e soprattutto non esagerano mai. Al contrario: quando stanno male si isolano e se ne stanno accucciati senza forze in attesa che tutto passi. Sta a noi padroni capire cosa li affligge, quando il problema è lieve e transitorio e quando, invece, è importante e necessario recarsi dal veterinario di fiducia o presso il Pronto Soccorso Veterinario.
Vediamo, caso per caso, quando è d’obbligo rivolgersi velocemente a una struttura medica specializzata.
Traumi, lesioni e incidenti stradali
Tocchiamo con cautela il nostro animale lasciando che trovi da sé una posizione comoda che non gli procura dolore. Portiamolo il prima possibile dal veterinario, evitando il “fai da te”: no a bendaggi o steccature fatti in casa.
Cosa fare in caso di sospetto avvelenamento
Se vediamo il nostro cane o gatto leccare o ingerire bocconi sospetti non tentiamo di farlo rimettere, spesso è una perdita di tempo o addirittura un danno se la sostanza ingerita è a sua volta un veleno caustico. Portiamolo invece al più vicino Pronto Soccorso Veterinario dove sapranno come agire a seconda dei casi.
Emergenze ostetriche necessitano un intervento tempestivo
Magari era previsto o magari si è trattato di una momentanea disattenzione: ma ora la nostra cagnolina è gravida. Tutto bene fino al parto, la fase più critica della gravidanza: se in questo frangente la cagnolina è agitata, non ha tregua, ma continua a muoversi senza accennare a partorire, è segno
che qualcosa non sta andando come dovrebbe. O il primo cucciolo non è ben posizionato o non è vitale, oppure, come succede soprattutto alle razze
toy, è troppo grande rispetto al bacino materno. In questi casi il nostro veterinario di fiducia o il Pronto Soccorso Veterinario sono l’unica scelta possibile:
è fondamentale un intervento tempestivo per salvare la vita della madre e dei cuccioli.
Non sottovalutare i sintomi di disturbi gastroenterici
Un episodio diarroico passi, ma se diventano più di due o se ci sono tracce di sangue allora è il caso di rivolgersi a uno specialista. Lo stesso vale per i
casi di vomito. Un vomito emorragico o vomiti ripetuti sono decisamente più allarmanti di un episodio sporadico. Le cause possono essere tante, ad esempio corpi estranei, avvelenamenti, gastriti da colpi di freddo. Non aspettiamo: portiamo con urgenza il nostro animale presso un veterinario di fiducia o il Pronto Soccorso Veterinario per una diagnosi e una terapia immediata. La dilatazione gastrica acuta è poi una delle emergenze gastroenteriche più letali: si tratta di un aumento del volume dello stomaco con una rotazione dello stesso sul suo asse. Colpisce soprattutto i cani di taglia grande.
Le cause sono ancora da chiarire, ma pare giochi un ruolo importante una predisposizione genetica unita all’ingestione troppo rapida degli alimenti.
I sintomi principali di questa condizione acuta sono conati di vomito improduttivi, addome dilatato, salivazione abbondante, difficoltà respiratorie:
se non si interviene chirurgicamente, in poche ore si arriva al decesso.
Svenimento o collasso,sintomi di emergenze cardiovascolari
Un barcollamento improvviso oppure un cedimento associato a una perdita di coscienza parziale o totale potrebbero essere causati da insufficienze
cardiache acute, da valutare immediatamente e da trattare in modo intensivo, per salvare la vita al nostro animale.
Anche in questi casi è giustificato ricorrere al più presto al veterinario di fiducia o al Pronto Soccorso Veterinario.
Emergenze oftalmologiche: occhi arrossati e palpebre chiuse
Graffi, lacerazioni, palpebre chiuse, sfregamento continuo degli occhi contro pareti o pavimento: in tutti questi casi non vanno mai usati colliri a caso che possono nuocere gravemente all’occhio. Va invece individuata immediatamente la causa, rimossa se possibile e applicata una terapia medico veterinaria ad hoc. Con la terapia è previsto anche l’uso di un collare speciale (collare elisabettiano) che ha lo scopo di impedire al nostro animale di strofinare gli occhi peggiorando situazioni già critiche.
Agire prontamente in caso di emorragie
In caso di emorragia esterna, fermiamo innanzitutto il sanguinamento praticando emostasi (mettendo in atto cioè quelle azioni necessarie a arrestare l’emorragia) con garze o bendaggi; in mancanza di questi, usiamo ciò che abbiamo a disposizione nell’immediato, perché in questi casi è importante agire prontamente. Senza esitare ricorriamo poi alle cure veterinarie.
Questi sono solo gli episodi più comuni in cui il ricorso allo specialista o al Pronto Soccorso Veterinario è di vitale importanza. Ma proprio come accade anche a noi, i casi che necessitano di cure veloci sono ben più di quelli elencati. Se decidiamo di accogliere un animale nella nostra vita
dobbiamo potergli garantire, quando servono, le cure necessarie, senza esitazioni. Ciò comporta un impegno, anche economico, dal momento
che non esiste per loro un Sistema Sanitario Nazionale che intervenga nei casi di necessità. In questo caso un’assicurazione animali domestici
può aiutarci ad affrontare gli imprevisti e ad accudire i nostri animali nel migliore dei modi.
Era del lavoro precario: i giovani e la loro pensione futura
/in NewsLa soluzione pensionistica più adatta per i lavoratori “a singhiozzo”
Oggi l’occupazione ha mille volti: il lavoro tradizionale a tempo indeterminato è sempre più raro, mentre si affermano percorsi lavorativi intermittenti, contratti a tempo, a chiamata, di collaborazione. Dal 2008 ad oggi il numero di lavoratori a tempo determinato è aumentato del 20% e il mercato del lavoro è affollato da tipologie contrattuali che possono comportare, specie per i più giovani, interruzioni lavorative, percorsi irregolari e discontinui che determinano “vuoti” contributivi, rendendo le aspettative pensionistiche ancora più carenti.
Per questi lavoratori è fondamentale sapere che c’è il modo di assicurarsi un futuro sereno integrando la pensione di base con la previdenza complementare e costruirsi – già oggi – dei “paracadute” da utilizzare in caso di necessità. Dopo aver analizzato le opportunità per chi ha già un contratto a tempo indeterminato, ecco alcuni consigli utili per soddisfare le esigenze di chi ha un percorso lavorativo intermittente.
Una pensione integrativa con la flessibilità di versare quanto vuoi
Lo strumento migliore in grado di adattarsi alle diverse necessità che il lavoratore a singhiozzo può avere durante la sua vita professionale è il PIP, Piano Individuale Pensionistico, la cui adesione è volontaria ed esclusivamente su base individuale. I PIP sono forme pensionistiche individuali realizzate attraverso contratti di assicurazione sulla vita. Al momento dell’adesione il lavoratore – autonomo o libero professionista – stabilisce liberamente l’importo e la periodicitàdella contribuzionee nel corso del tempo può modificare le proprie scelte variando l’entità dei versamenti, oppure effettuandone di aggiuntivi a seconda della disponibilità del momento.
I PIP sono una risposta adeguata al lavoro che cambia
Nel caso di un cambiamento radicale della propria tipologia contrattuale, ad esempio, dopo due anni di partecipazione al PIP si è liberi di trasferire senza costi la propria posizione individuale maturata ad altra forma pensionistica complementare se ritenuta più favorevole. Così come in casi particolari il lavoratore può richiedere – già in fase di accumulo – il riscatto totale o parziale della propria posizione individuale: un’anticipazione per spese sanitarie, in seguito a gravi situazioni relative a sé, al coniuge e ai figli per terapie e interventi straordinari, per l’acquisto o ristrutturazione della prima casa; nonché richiedere, al ricorrere dei requisiti previsti dalla legge, la rendita integrativa temporanea anticipata (RITA, che approfondiremo nella prossima newsletter).
Chi può aderire ai PIP
Possono aderire lavoratori dipendenti o autonomi, liberi professionisti ma anche persone che in quel momento della loro vita non svolgono attività lavorativa, per esempio studenti e casalinghe. È possibile iscrivere ad un PIP anche un familiare maggiorenne fiscalmente a carico; una possibilità interessante per i genitori, che possono cominciare per tempo a contribuire alla stabilità economica futura dei propri figli. Infatti i PIP sono costituiti sotto forma di patrimonio autonomo e separato rispetto a quello della Compagnia: in caso di crisi della società il risparmio previdenziale non viene intaccato, è destinato esclusivamente al pagamento delle pensioni agli aderenti.
Vantaggi fiscali immediati
L’adesione ai PIP determina anche un vantaggio immediato rappresentato dalla possibilità di dedurre dal proprio reddito imponibile i contributi versati nel limite massimo 5.164,57 euro annui, il che si traduce in un risparmio delle imposte da versare variabile a seconda dell’aliquota fiscale. Per esempio, un lavoratore che percepisce un reddito annuo di 15.000 euro e abbia aderito a un PIP versando 3.000 euro annui di contributi, risparmierà 690 euro di imposte.
Costruire il futuro nostro e dei nostri cari
Si può beneficiare delle detrazioni anche per i versamenti contributivi effettuati a favore di un familiare fiscalmente a carico. In questo modo l’avvio di un programma previdenziale per i propri figli diventa vantaggioso anche sotto il profilo fiscale. Soprattutto, attivare un programma previdenziale per un figlio rappresenta un gesto di grande valenza educativa volta a diffondere una cultura previdenziale anche nei più giovani. Quando comincerà a lavorare, il figlio, potrà decidere se continuare a versare in modo autonomo o trasferire il montante accumulato in un altro fondo.
Inizia subito a prenderti cura del tuo domani, basta un piccolo gesto per volersi bene e iniziare a costruire il futuro con serenità anche in caso di “carriere intermittenti”, grazie a un prodotto così flessibile come il PIP UnipolSai Previdenza Futura.
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GUIDA ALLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE PER I LAVORATORI DIPENDENTI
/in NewsUn giovane che ottiene oggi il tanto ambito posto fisso ha molti motivi per cui festeggiare. Inizierà col pensare a come realizzare i propri sogni (casa, matrimonio, viaggi, figli) mentre la prospettiva della futura pensione non sarà certo una delle sue priorità. Difficile stare dietro alle previsioni che spostano sempre più in là il momento della pensione (per chi entra oggi nel mondo del lavoro se ne parla dopo il 2060, secondo le stime della Covip) o al fatto che ammonterà a circa la metà dell’ultimo stipendio. È qui che devono entrare in scena i genitori, ricordando che il futuro va costruito giorno per giorno e per aiutare i figli a districarsi tra le tante proposte di prodotti finanziari.
Le forme di previdenza complementare: quale scegliere?
Per mantenere anche negli anni del riposo un reddito adeguato è evidente quanto sia importante aderire a una forma di previdenza complementare. Facciamo allora un po’ di chiarezza sulle opzioni per un lavoratore dipendente. Nella prossima newsletter approfondiremo le opportunità pensionistiche per chi fa lavori “intermittenti”.
Il dipendente privato può aderire al fondo pensione aperto anche su base collettiva, qualora tale tipo di adesione sia prevista dai contratti di lavoro, dagli accordi collettivi o dai regolamenti aziendali; i dipendenti pubblici, invece, possono aderire a un fondo aperto o a un PIP solo su base individuale e possono versare solo il contributo individuale, ma non il flusso di TFR.
Come funziona un fondo pensione chiuso
La contribuzione a un Fondo pensione chiuso è costituita da tre elementi:
La futura pensione sarà calcolata sulla base del montante costituito dai versamenti dei contributi sopra citati e dai rendimenti degli stessi maturati nel tempo e conseguiti tramite il loro investimento in strumenti finanziari.
Come funziona un fondo pensione aperto
Il lavoratore dipendente che aderisce a un fondo pensione aperto su base individuale può scegliere l’importo e la periodicità dei versamenti, per esempio decidendo di versare solo il TFR. Se aderisce invece su base collettiva, l’importo minimo della contribuzione è stabilito dagli accordi o dai contratti collettivi ed è prevista la possibilità di versare di più. Chi versa il proprio contributo ottiene anche quello del datore di lavoro. Il contributo versato dal datore di lavoro è un elemento da valutare con attenzione: a parità di condizioni – secondo stime della Covip – consente di ottenere una pensione complementare più alta anche del 17%.
Per una proiezione della futura pensione per noi o per i nostri figli, Unipolsai mette a disposizione Pensione On Line Su Misura, uno strumento pensato appositamente per aiutare a individuare il prodotto previdenziale più adatto e fornire un’indicazione dell’evoluzione nel tempo del piano pensionistico.
Il TFR come fonte di finanziamento
Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) rappresenta una significativa fonte di finanziamento della previdenza complementare: per questo è importante decidere consapevolmente a riguardo. Un dipendente privato, entro 6 mesi dall’assunzione, deve scegliere se destinarlo alla previdenza complementare o lasciarlo in azienda. Se la scelta non viene effettuata esplicitamente, il datore di lavoro trasferisce il TFR nella forma pensionistica collettiva prevista dagli accordi o dai contratti collettivi o, in caso di più forme pensionistiche, in quella cui ha aderito il maggior numero di dipendenti.
Vantaggi fiscali e sostegno nei momenti critici
Non vanno dimenticati gli immediati vantaggi fiscali: aderire a un fondo pensione comporta infatti la possibilità di dedurre fino a € 5.164,57 all’anno durante la fase di contribuzione. E i rendimenti sono tassati al 20%.
Al momento della pensione, le prestazioni erogate saranno tassate con un’aliquota del 15%, ridotta di una quota pari allo 0,30% per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari; in questo modo l’aliquota può essere ridotta fino a un minimo del 9%.
La previdenza complementare rappresenta poi un “paracadute” in caso di necessità. Per spese sanitarie, del lavoratore, del congiunto o dei figli, si può ottenere un anticipo della prestazione fino al 75% del montante accumulato.
Trascorsi 8 anni dall’iscrizione alla forma di previdenza complementare, è possibile richiedere un’anticipazione per un importo non superiore al 75% della posizione individuale maturata per l’acquisto della prima casa di abitazione per sé e per i figli o per la ristrutturazione della stessa: una casa tutta per sé diventa un sogno più concreto.
È prevista infine la possibilità di riscatto prima della maturazione dei requisiti pensionistici: nei casi più gravi sarà possibile riscattare totalmente l’intera posizione individuale accumulata – per esempio per cessazione dell’attività lavorativa che determini inoccupazione per un periodo superiore a 4 anni e invalidità permanente che comporti la riduzione della capacità di lavoro a meno di un terzo – sarà, invece, possibile riscattare fino al 50% di quanto accumulato, nel caso di inoccupazione compresa tra 12 e 48 mesi, ovvero in caso di ricorso da parte del datore di lavoro a procedure di mobilità e cassa integrazione ordinaria o straordinaria.
Gli strumenti per costruire giorno dopo giorno una stabilità economica che non diminuisce nel tempo ci sono: pensiamoci sin da ora indirizzando i nostri giovani affinché possano affrontare serenamente ogni fase della propria vita.
Come proteggere noi e il nostro gatto dai possibili rischi
/in NewsIl legame tra uomo e gatto è intenso e antico: questi piccoli felini ci affascinano da sempre per la loro personalità e la loro indipendenza. Appaiono distaccati e talvolta sembrano desiderare la solitudine, ma sono capaci a modo loro di cercare la nostra vicinanza e darci affetto incondizionato. Hanno un mondo interiore complesso e mutevole, che si manifesta di volta in volta col gioco, l’irrequietezza, la capacità di rilassarsi completamente, la curiosità. Forse è per questo che li sentiamo affini a noi e li amiamo profondamente.
Il nostro gatto, esploratore per natura
Sembra una tigre o una pantera in miniatura, ma non è solo questo che ne fa un predatore; in lui la tendenza a esplorare è innata e fortissima. Per questo, appena arrivato in casa, impara ad aprire le porte per curiosare negli angoli più nascosti. E, soprattutto, scopre come uscire: dal cancello, se abbiamo un giardino, ma anche da finestre e terrazzi. È un avventuriero per natura e come tale può andare incontro a qualche rischio.
Prima di tutto quello di cadere. Anche se i gatti hanno una straordinaria agilità e un senso dell’equilibrio che consente loro di girarsi durante un volo nel vuoto e attutire l’impatto con le zampe, a volte possono scivolare accidentalmente da davanzali e aree esterne dei nostri appartamenti. Capita per distrazione, paura, o magari perché si addormentano e un colpo di vento li sorprende.
Le conseguenze, in questi casi, possono essere anche gravi: dalla frattura delle zampe a forti traumi al torace o alla mandibola. E non è detto che cadere da grandi altezze sia peggio che farlo dal secondo piano: uno studio dell’Associazione dei veterinari americani ha dimostrato che le ferite di gatti caduti dal balcone sono peggiori se il volo è inferiore a sette piani. Come mai? Perché le cadute più lunghe danno loro il tempo di rilassarsi e acquisire la posizione ‘a paracadute’ che li aiuta a distribuire meglio l’impatto sulle zampe. Il vero record segnalato nello studio è però quello di un gatto precipitato dal 32° piano: dopo 48 ore di clinica veterinaria è tornato a casa senza traumi, a parte un dente scheggiato.
Eventi così estremi, per fortuna, sono rari. Di solito, il nostro gatto esce felicemente di casa senza difficoltà per godere delle sue attività preferite: segnare il territorio, azzuffarsi con il gatto dei vicini, cacciare topolini o uccelli. I pericoli, però, non sono pochi. Il più grande sono le auto: la velocità con cui il gatto d’improvviso attraversa la strada può sorprendere i guidatori e causare incidenti anche di grande entità.
Gatti randagi, cani e altri piccoli nemici
A minacciare il nostro felino sono anche i suoi simili: nelle contese per il territorio con altri gatti (o con un cane) può riportare graffi e morsi. Nella maggior parte dei casi si tratta di ferite di poco conto, ma occorre fare attenzione che non si infettino. Se dopo una rissa notiamo gonfiori strani o sospetti, non esitiamo a contattare il veterinario.
Le grane per il gatto non finiscono qui: può essere attaccato da pulci e altri parassiti in seguito ai suoi incontri con i randagi o può venire a contatto con veleni o sostanze tossiche abbandonate in giro (antigelo, insetticidi o pesticidi vari).
Un altro rischio è quello di non riuscire a tornare a casa. Può capitare perché è rimasto chiuso dietro un portone, intrappolato in uno spazio ristretto – come una tubatura – o è salito su un tetto o un albero dal quale non riesce più a scendere. Imprevisti strani, ma tutti possibili: i vigili del fuoco lo sanno bene.
Il gatto e i vicini: un incontro non sempre felice
Per chi ama i gatti è difficile immaginare che qualcuno possa non volerli intorno, ma è così. In effetti, alcune delle loro abitudini possono causare qualche danno ai vicini di casa: per esempio possono sradicare fiori e piantine o distruggere aiuole perfettamente modellate scavando nel terreno per fare i bisogni.
Oppure possono aprire con le unghie i sacchetti della spazzatura e spargerne il contenuto; o ancora marcare il territorio con getti di urina e rigare il cofano (o il tettuccio apribile) dell’auto nuova di zecca parcheggiata davanti casa. Nel peggiore dei casi arrivano a graffiare qualcuno.
Tutti questi incidenti, oltre a essere spiacevoli, possono anche costare cari: secondo la legge «il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui l’ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall’animale , sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito ». E anche quando la legge non ci obbliga a pagare, offrirsi di rimediare al danno è un buon esempio di civismo, oltre che opportuno per mantenere una relazione di buon vicinato.
Passeggiare senza pericoli? Ecco come
Il rimedio a pericoli e danni causati (o subiti) dal nostro quattrozampe? Di certo, non chiuderlo in casa: significherebbe reprimerne l’istinto naturale, cosa che per molti proprietari è impensabile. Possiamo però fare in modo che le sue passeggiate siano il più possibile sicure. Ecco come:
Con questi accorgimenti il nostro gatto potrà godersi le sue passeggiate senza farci preoccupare. Per stare ancora più sereni, è possibile proteggere preventivamente lui e noi dai rischi più frequenti grazie a polizze dedicate.
La natura fiera e selvaggia del nostro piccolo predatore non si può cambiare, ma possiamo prepararci al meglio per affrontare ogni imprevisto.